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18 Jun

Talking Heads - Remain In Light

Pubblicato da ilmusicofilo  - Tags:  #New wave

Quando si usa il passato remoto c'è sempre un pò di malinconia soprattutto nella musica il cui ascolto spesso è legato ad alcune stagioni della nostra vita, così è per i "Talking Heads", uno dei gruppi storici di uno dei tanti sottogeneri della galassia rock, purtroppo spariti da tempo, ci rimangono i loro dischi molti dei quali pubblicati quando il disco era disco in senso fisico; è comunque apprezzabile l'iniziativa di riproporre su supporto compact disc i loro album anche perchè i vinili sono solo rintracciabili sul mercato dell'usato.
Per inciso scarterei comunque ogni riproposizione dei loro LP in una eventuale versione in vinile perchè le registrazioni in digitale sono cosa ben diversa da quelle in analogico, tanto vale acquistare il supporto in CD che ha almeno il vantaggio della comodità e se vogliamo prenderla positivamente presenta come nel caso di "Reamin In Light" una versione arricchita nelle tracce rispetto all'edizione originale.
Ma a parte le questioni circa le riedizioni che interessano i discofili e i collezionisti (che non comprano i vinili attuali) c'è da farsi una domanda per chi non conosce i Talking Heads: cosa resta, oggi dell'experimental rock degli anni '80?
A parere mio molto, anche a livello simbolico e questo album intitolato "Remain in Light" lo dimostra, l'album venne pubblicato nel 1980 sotto l'egida dell'immenso Brian Eno che smessi i panni del musicista si è da tempo lanciato (con successo) nel campo della produzione discografica.
Parlerò della versione originale ed è facile e persino banale rimarcarlo che senza questo genere non ci sarebbero stati gruppi che poi hanno fatto storia a sè, in Italia il caso di Alan Sorrenti (quello sperimentale) è emblematico perchè l'atmosfera di quegli anni la respiriamo nei dischi degli anni '80, questo ci permette di dire che molto è rimasto e rimane.

Senza dubbio l'accostamento è un po' insolito ma solo in apparenza e per chi come me di quegli anni ricorda una canzone come "My Sharona" dei The Knack, certi accostamenti sono solo in apparenza azzardati, allora godiamoci quese 8 canzoni che compongono "Remain In Light", un effluvio strumentalmente parlando di batteria, chitarra, basso e sintetizzatori e..... tante percussioni in perfetto stile ottantiano.

Apre le danze "Born Under Punches (The Heat Goes On)" un brano dove nella prima parte la componente strumentale è (piacevolmente) sbilanciata su quella cantata, colpisce ancora oggi la voglia di cercare nuovi suoni e di sperimentare nuovi percorsi, da godersi tutta la contaminazione di sonorità percussive; nella parte di mezzo si impone un godibile ritornello impostato in perfetto stile fun, nonostante la ripetizione ammiccante.

Stessa impostazione ma diverso esito in "Crosseyed and Painless" che si caratterizza per improvvisi cambi di ritmo, un brano godibile dalla prima all'ultima nota che non trovo affatto anacronistico e neanche da riproporre in versione revival, anche se dinanzi a tanta tetraggine odierna, il passaggio nostalgico è quasi d'obbligo.

Un brano che fa la differenza è "The Great Curve" nella sua sovrabbondante contaminazione che mescola e gioca con le sonorità: influssi latini e afro-caraibici con l'elettronica, tradizionali impostazioni folk-blues e tanto sottofondo percussivo che conferisce una freschezza sempieterna da prendere come esempio per chi è abituato a buttare tanti oggetti fonici alla rinfusa spacciando ciò per musica.

Da hit "Once in a Lifetime", brano plastico che implode di fremiti africani, ma al di là della nota esotica, è un brano che esce fuori da qualsiasi considerazione di appartenenza etnica e diventa sfacciatamente alegro, per me da inserire nella lista dei prescelti.
E così induce al movimento "Houses in Motion", un brano dinamico e gradevole ma la cui interpretazione è tutt'altro che leggera.
Altro simolo neuronale viene da "Seen and Not Seen" il cui cantato, a tratti minimale, fa da cornice all'estetica sonora quasi a non voler disturbare e distrarre l'ascoltatore e così arriviamo presto a "Listening Wind" che appare a tratti persino vezzosamente ricercato.
Chiude "The Overload" che mostra tutta la stilosa capacità dei Nostri di non essere mai prevedibili: il ritmo è rallentato e ovattato quasi da liquidità sottomarina..da assaporare con delicatezza.

Consigliato..ha un senso ascoltarlo!!!

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